Non c’è alcuna norma che preveda il diritto al rimborso del biglietto per il ritardo dell’autobus del TPL, ossia del Trasporto Pubblico Locale. Si tratta dei mezzi di linea a breve percorrenza: tanto per intenderci quelli che si muovono nel territorio urbano o extraurbano. Il passeggero quindi non è tutelato. Nonostante l’art. 1218 c.c. preveda espressamente che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno”, nel caso di specie, molto spesso il ritardo è dovuto al traffico o a cause di forza maggiore come un guasto del veicolo, che come tali escludono la responsabilità del TPL.
Le cose vanno diversamente per quanto riguarda gli autobus a lunga percorrenza di almeno 250 km. In questo caso, il Regolamento UE n. 181/2011, entrato in vigore il 1° marzo 2013, prevede una serie di tutele, che operano solo se l’autobus non parte all’orario giusto dalla fermata o non parte affatto e non anche quando il ritardo viene accumulato nel corso del viaggio (per ragioni di traffico, di blocchi stradali o di altri imprevisti, che costituiscono circostanza eccezionale ai sensi dell’art. 1218 c.c.).
Infatti:
- per i ritardi superiori a 90 minuti, se il viaggio è superiore a 3 ore, oppure in caso di cancellazione della corsa, la compagnia deve farsi carico di garantire ai passeggeri una colazione e delle bevande gratuite. Nel caso in cui sia necessario far slittare il viaggio ad un giorno successivo, l’impresa di trasporto deve sostenere le spese di un’eventuale sistemazione in hotel per non più di 2 notti per un prezzo massimo per pernottamento di 80 euro;
- per i ritardi superiori a 120 minuti, l’impresa di trasporto deve garantire il rimborso completo del biglietto di viaggio e, ove possibile, il ritorno gratuito in autobus al primo punto di partenza.
Nel caso in cui il trasportato abbia subito un danno dal ritardo dell’autobus è sempre escluso il diritto al risarcimento del danno per brevi ritardi. Questo perché, con due importanti sentenze del 2008, la Cassazione ha escluso la possibilità di chiedere il risarcimento del danno morale per i piccoli fastidi della vita quotidiana. Dunque, il passeggero è chiamato a valutare l’eventualità di un ritardo del mezzo ed eventualmente a prendere il mezzo precedente per non rischiare, poiché deve collaborare in buona fede e correttezza alla buona riuscita della dinamica contrattuale tra le parti. Questa buona fede gli impone di attivarsi per salvaguardare il suo viaggio, anche se sembra difficile pretendere tale comportamento, dal momento che il passeggero, nella maggiore parte delle volte, entra a conoscenza del ritardo del mezzo di trasporto solo nell’immediatezza, ossia quando si reca presso la fermata per prenderlo.
Al contrario, per i ritardi più protratti occorrerà dimostrare il danno subìto. In tal caso, se si tratta di un danno patrimoniale, ossia una diminuzione diretta del proprio patrimonio, sarà necessario fornire la prova dell’occasione lavorativa persa o della perdita economica. Molto più difficile, se non impossibile, sarà dimostrare invece il danno non patrimoniale.
In tale ipotesi, la giurisprudenza ammette il risarcimento solo nel caso in cui venga compromesso un diritto tutelato dalla Costituzione come, ad esempio, quello alla salute. Quindi, tanto per fare un esempio, un ritardo nella partenza di un autobus a lunga percorrenza che abbia impedito a una persona malata di farsi ricoverare per tempo in ospedale potrebbe essere apprezzato dal giudice come possibile causa di risarcimento del danno, sempre che non vi siano state soluzioni alternative al viaggio, oppure che il passeggero non si sia attivato per la sua salvaguardia, nei limiti del legittimo affidamento, come sopra precisato.