Mentre ci si avvia verso la terza dose dei vaccini covid-19, rimane ancora aperta e fortemente discussa la problematica legata ai danni provati dagli stessi.
Le statistiche sono alquanto preoccupanti. Infatti, se negli ultimi 40 anni abbiamo assistito ad un totale di 700 richieste per danni vaccinali, con la pandemia i dati ci descrivono un quadro allarmante: circa 84.000 richiesta, di cui il 12,8% per i casi più gravi (ottavo rapporto di farmacovigilanza diffuso dall’Aifa).
Ma queste richieste sono legittime? Possono essere avanzate solo se la somministrazione è obbligatoria?
Abbiamo già affrontato il tema dell’indennizzo per i danni causati da vaccini e, in particolare, abbiamo fatto riferimento alla legge n.210 del 1992, a cui rimandano anche gli artt. 1 e 4 della legge n.229 del 2005. L’articolo 1 della predetta legge prevede che i soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati possono fare richiesta di riconoscimento economico.
Con l’intervento nel 2020 della Corte costituzionale si è superato Il limite di questa legge, che è quello del riconoscimento di un ristoro economico solo a seguito di vaccinazioni obbligatorie, permettendo “il diritto all’indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge, spetti anche, alle condizioni ivi previste, a soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata”.
Il risarcimento può essere richiesto anche qualora sia stato rilasciato, al momento della somministrazione, il consenso informato.
Anche qui, la Corte di Cassazione con sentenza n. 27751 del 2013 ha posto un orientamento chiaro.
“Il consenso informato, quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo id quod plerumque accidit, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo”.
Quindi, il paziente deve essere messo nelle condizioni di esprime un consenso volontario e soprattutto consapevole. Nel momento in cui il consenso informato non contiene informazioni sui possibili danni a lunga distanza può essere dichiarato nullo, comportando la legittima richiesta di risarcimento del danno, questo anche in virtù del fatto che l’esonero di responsabilità per eventuali danni cagionati dal vaccino è del tutto contrario alla legge, nonché ai diritti costituzionalmente garantiti al singolo quali, in primo luogo, il diritto alla salute.
Il tema delle richieste di risarcimento danni da vaccino covid-19 è molto interessante e ha investito anche l’Associazione Codacons, che ha deciso di porre in essere la prima azione per il risarcimento danni, per conto di un cittadino romano di 46 anni che, poco dopo la somministrazione del vaccino, è stato colpito da ictus che ha portato a ricovero urgente in ospedale, dove tuttora il paziente risulta in terapia.
Secondo quanto sostiene l’associazione, lo scopo di tale azione è quella di tutelare tutte le vittime di danni da vaccinazione, al fine di essere indennizzati da parte dello Stato italiano. Nel caso di specie, sostiene il Codacons, è che il vulnus è proprio consistito in reazioni avverse più gravi di quelle che le vaccinazioni anti-Covid intendono prevenire.
Come si fa a richiedere il risarcimento?
La domanda di risarcimento deve essere presentata all’Azienda Sanitaria di appartenenza (ASST), allegando la documentazione comprovante la data della vaccinazione, i dati relativi alla tipologia del vaccino, le manifestazioni cliniche conseguenti alla vaccinazione e l’entità delle lesioni o dell’infermità da cui è derivata la menomazione permanente.
A sua volta, l’ASST inoltrerà la domanda alla Commissione Medica Ospedaliera (CMO), la quale provvederà a convocare a visita medica l’interessato, ad esaminare la documentazione sanitaria e a redigere il giudizio sul nesso causale tra l’infermità e la vaccinazione.
Infine, l’ASST comunicherà l’esito al paziente e, in caso di esito positivo, invierà i dati all’Agenzia della Tutela della Salute (ATS) che provvederà a ristorare economicamente il danneggiato.
La domanda può essere proposta dagli eredi nell’eventualità di decesso del danneggiato.
Il diritto all’indennizzo si prescrive in tre anni decorrenti dal momento in cui si ha avuto piena conoscenza dei danni provocati dalla vaccinazione.