Il tema della vaccinazione COVID è ultimamente salito alla ribalta, anche a causa dei diversi scontri che si sono verificati in tutte le piazze italiane. Come ben sappiamo, la vaccinazione COVID non è obbligatoria, ma fortemente consigliata: ad ogni modo è necessaria per ottenere il Green Pass, certificato vaccinale che sembra essere stato reso obbligatorio in diversi campi (lavoro, viaggi aerei, trasporti non locali e scuole).
Ma cosa succede se chi si sottopone alla vaccinazione COVID subisce un danno?
Ce lo spiega la Legge 210 del 1992: essa ha una fondamentale importanza, poiché è il primo testo legislativo a stabilire il diritto all’indennizzo per il danno, derivante da contagio o da altra apprezzabile malattia, casualmente riconducibile alla vaccinazione obbligatoria antipoliomelitica, riportato dal bambino vaccinato (sentenza della Corte Costituzionale del 1990). Infatti, tale normativa prevede un “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”.
È però evidente un limite: tale indennizzo viene riconosciuto solo nel caso di vaccini obbligatori, ossia quelli resi tali per legge o per ordinanza di un’autorità sanitaria italiana. Inoltre, l’indennizzo viene accordato solo nel caso in cui la complicanza sia di natura irreversibile, escludendo dal novero dei risarcimenti tutte quelle patologie causalmente ricollegate al vaccino, ma destinate a sparire nel tempo. Il primo quesito viene risolto in via interpretativa dalla Corte Costituzionale, la quale nel 2020 ha avuto modo di stabilire che sia incostituzionale la Legge 210 del 1992 (per violazione del diritto alla salute e del divieto di discriminazioni) nella parte in cui “non prevede che il diritto all’indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge, spetti anche, alle condizioni ivi previste, a soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata”.
Questo perché, nella realtà medico – sanitaria, non vi è alcuna differenza tra la raccomandazione e l’obbligo, per quanto riguarda la prescrizione di un medicinale (nel caso di specie il vaccino) e il contrasto ad una pandemia in atto.
Ulteriore ostacolo è rappresentato dal consenso informato, che sembra accollare il rischio dei danni al paziente; anche qui la giurisprudenza è intervenuta; infatti, la Corte di Cassazione nel 2013 ha stabilito che il consenso informato deve essere reale ed effettivo e non basarsi esclusivamente sulla semplice firma dei relativi fogli.