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Rubrica Legale

La truffa dei green pass falsi: come funziona e cosa si rischia?

Dal 6 di agosto 2021 la certificazione verde c.d. green pass è divenuta obbligatoria per viaggi, serate e attività di intrattenimento.

In particolare, con il decreto legge n. 105/2021 è stato stabilito che per accedere a determinati servizi o attività bisogna essere in possesso della certificazione verde. Si parla di: servizi di ristorazione per il consumo al tavolo, al chiuso; spettacoli, eventi e competizioni sportivi; musei, altri istituti e mostre; piscine, palestre, centri benessere, per le attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri estivi, centri sociali per le attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; concorsi pubblici.

Nonostante ciò, sono migliaia gli italiani non vaccinati che cercano, in ogni modo, un escamotage per potersi spostare liberamente.

Per questo, nel dark web si è sviluppato il fenomeno del “green pass falso”. Si tratta di una vera e propria truffa, che prevede la possibilità per il richiedente, previo pagamento, di ricevere un green pass falsificato, dopo aver seguito le procedure richieste sulle piattaforme digitali.

Specialmente sulla piattaforma telegram, agli utenti è stato inviato un messaggio, nel quale si prometteva il rilascio della certificazione verde da parte di un dottore, verso pagamento di minimo di 150 euro e di un massimo di 500 euro, fornendo dati anagrafici e codice fiscale. Il pagamento poteva avvenire con carta di credito o con la nuova moneta bitcoin.

Alcune settimane fa, la Procura di Roma ha sequestrato oltre 32 canali telegram e quattro le persone sono finite nel registro degli indagati per l’accusa di truffa e falso.

Secondo la giurisprudenza, infatti, i reati di truffa e di falso possono coesistere nel caso di specie, anche quando la falsificazione sia stato lo strumento per portare a termine il raggiro.

Nell’ipotesi di utilizzo di un Green pass contraffatto, però, il reato di truffa sembra non sussistere poiché, affinché la condotta sia penalmente perseguibile, occorre che l’azione sia finalizzata a procurarsi un ingiusto profitto con altrui danno.

Potrà aversi truffa, quindi, solo se l’acquirente, credendo di seguire la procedura corretta per l’ottenimento della certificazione verde, agisce in totale buona fede e viene, allo stesso tempo, raggirato dal venditore che gli assicura che il Green pass che riceverà è legale. Non si avrà truffa, invece, se il richiedente è ben consapevole dell’illiceità della richiesta.

Quanto alla falsificazione del green pass, essa rientra nello schema dell’art. 482, che punisce colui che con la sua condotta compromette la fiducia dei privati nei confronti degli atti pubblici. Privato che, se commette questo reato, è soggetto alle sanzioni contemplate dagli articoli 476, 477 e 478 che prevedono una sanzione minima di sei mesi fino a tre anni di reclusione.

Invece, chi si limita a usare un Green pass falso senza aver preso parte alla contraffazione, commette comunque reato (quello di uso di atto falso), ma le pene sono ulteriormente ridotte di un terzo.

Trattandosi di reati procedibili d’ufficio, chiunque potrà denunciare la falsa certificazione, sia il personale addetto al controllo che qualsiasi altro individuo.

Ad ogni modo, fate molta attenzione. È inutile contraffare il green pass perché il documento falso non può essere convalidato dall’applicazione “VerificaC19”.

Infatti, il ministero ha dichiarato che “…la Certificazione non è falsificabile e non può essere contraffatta o manomessa. Ogni Certificazione viene prodotta digitalmente con una chiave privata dall’ente che rilascia la Certificazione (in Italia il Ministero della Salute). Le chiavi private assicurano l’autenticità delle Certificazioni, e vengono custodite in sistemi di massima sicurezza. Le corrispondenti chiavi pubbliche vengono poi utilizzate per verificare le Certificazioni attraverso le app di verifica (in Italia VerificaC19)”.