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Rubrica Legale

Consenso informato: la struttura e il danno risarcibile in caso di mancato adempimento

Il consenso informato, nel campo medico, è una forma di autorizzazione utilizzata in Italia, volta a rendere edotto il paziente prima dell’intervento medico. Nello specifico, viene avvertito dello specifico intervento cui andrà incontro, delle possibili alternative in campo medico e, se esistenti, delle complicanze che potrebbe portare.

Tale consenso viene ad oggi disciplinato dalla legge sul Biotestamento, la quale espressamente sancisce che il consenso informato è il processo con cui il Paziente decide in modo libero e autonomo, dopo che gli sono state presentate una serie specifica di informazioni, rese a lui comprensibili da parte del medico o equipe medica, se iniziare o proseguire il trattamento sanitario previsto.

L’esistenza di tale istituto è da ricercarsi in quanto previsto dalla Costituzione a proposito del diritto alla salute: nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, in sintonia con il principio fondamentale della inviolabilità della libertà personale.

La citata legge descrive perfettamente le informazioni che vanno rese al momento della firma del consenso informato:

  1. Diagnosi;
  2. Prognosi;
  3. Benefìci e rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati;
  4. Benefìci e rischi delle possibili alternative agli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati;
  5. Conseguenze dell’eventuale rifiuto / rinuncia.

È la struttura sanitaria a dover curare il rapporto che intercorre con il paziente, mentre le specifiche informazioni vanno rese dall’equipe medica; da un punto di vista temporale, è preferibile avvertire il paziente circa i rischi cui va incontro in un momento non prossimo all’intervento, per dargli modo di avere una significativa comprensione delle informazioni mediche.

Cosa succede qualora il paziente non venga reso edotto e, pertanto, manchi il consenso informato?

A tal proposito, la Corte di Cassazione, con orientamento consolidato nel 2019, stabilisce espressamente che il paziente potrà richiedere due diverse tipologie di danno:

  1. Un danno derivante dalla lesione del diritto all’autodeterminazione, così come sancito dalla Convenzione di Oviedo del 1997. Si tratta di un danno, riconosciuto per il solo fatto della mancanza del consenso informato e, di converso, per la violazione del diritto di cui all’art. 32 Cost. In tal caso, la liquidazione andrà effettuata dal giudice in via equitativa, poiché mancano dei parametri o delle tabelle cui riferirsi per la precisa quantificazione;
  2. Un danno medico, derivante dal fatto che il paziente, se correttamente informato circa l’intervento cui andava incontro, avrebbe scelto di non farlo. In tal caso, il paziente sarà chiamato a dimostrare tale condizione, in virtù di quanto previsto dalle regole ordinarie circa l’onere probatorio. Ai fini della quantificazione, sarà da valutarsi la situazione differenziale tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento e il preesistente stato patologico invalidante del soggetto.

Da ultimo, il paziente avrà diritto alla comprensione delle informazioni mediche: tocca alla struttura l’onere della prova che tutto il consenso informato era conforme alla legge – verifica della comprensione da parte del paziente compresa.

Trasferendo questi obblighi e responsabilità nel concreto della pratica quotidiana, ne emerge che la struttura sanitaria deve utilizzare uno strumento per il consenso informato che garantisca le informazioni corrette, ne permetta la proposizione al paziente da parte del medico al fine di acquisire il consenso informato, tenga traccia che quanto proposto al paziente era pienamente rispondente a quanto previsto dalla legge e verifichi che il paziente abbia effettivamente compreso quanto proposto dal medico.

Applicando queste coordinate teoriche, il paziente Antonio R. si era rivolto al mio studio legale ai fini della richiesta del risarcimento del danno, conseguente a mancato consenso informato. Infatti, Antonio R. si era sottoposto ad un importante intervento di chirurgia estetica per allineare la mandibola precedentemente fratturata in più punti. Nello specifico, la struttura sanitaria presso il quale veniva operato provvedeva a far firmare il consenso informato, ma ometteva di informare il paziente circa gli sviluppi di una nuova tecnica, per lo più invalsa in Sud America, sensibilmente più rischiosa, ma in grado di risolvere la problematica a livello estetico, compromesso in virtù del tradizionale intervento. Pertanto, veniva riconosciuto sia il risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto all’autodeterminazione, sia il danno biologico; in giudizio, veniva dimostrato che il precedente tenore di vita del paziente lo avrebbe portato ad accettare l’intervento più rischioso, se gli fosse stato proposto prima di eseguire il percorso standard da usare in quei casi. Tale intervento, avrebbe permesso un risultato estetico quasi perfetto, neanche lontanamente comparabile a quello attuale, che non può non configurare un danno biologico – medico.

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