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Rubrica Legale

Diffamazione su Facebook: configurabile anche quando ci si riferisce al tradimento dell’ex

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3204/2021 conferma la condanna dell’imputata per il reato di diffamazione aggravata, non potendo riconoscere l’attenuante della provocazione in quanto, la pubblicazione dei post su Facebook in cui si rende nota la relazione extraconiugale dell’ex marito e le offese rivolte all’amante dell’ex marito, realizzate a distanza di tempo dalla fine della relazione, rivelano sentimenti di odio e vendetta.

Com’è noto, la diffamazione è reato previsto e punito dall’art. 595 c.p., il quale prevede la reclusione fino a un anno, unitamente a multa fino a 1032 euro per chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione. Di poi, la legge prevede specificatamente come aggravante il fatto che il reato sia commesso attraverso i mezzi di comunicazione, tra i quali non si può non ricomprendere anche Facebook.

Nel caso di specie, il difensore della donna nel ricorrere in Cassazione solleva i seguenti motivi di doglianza:

  1. Il mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione rappresentata dalla relazione extraconiugale e della mancata valutazione delle condotte moleste e diffamatorie messe in atto dall’amante ai danni dell’imputata tra il 2013 e il 2015.
  2. L’entità della pena inflitta, superiore al massimo edittale di 1032 euro.

La Cassazione però rigetta il ricorso, annulla la sentenza e rinvia solo per rideterminare la pena, derivante dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

In particolare, la Corte non ritiene esistente l’esimente della provocazione, perché la diffamazione a mezzo Facebook dell’ex marito e della nuova compagna è stata realizzata dall’imputata non immediatamente dopo la fine della relazione con l’imputata. Condotta da cui si desume un proposito di vendetta o di sfogo, più che da una reazione a una provocazione. Vero che per riconoscere l’esimente della provocazione non occorre che la reazione sia istantanea, innegabile però che la stessa debba essere immediata, per cui “il passaggio di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un sentimento differente, quale l’odio o il rancore.”

Nessuna rilevanza è stata riconosciuta alle condotte moleste e diffamatorie dell’amante che difficilmente potranno essere valutate in separato procedimento penale, posto il decorso del termine utile per sporgere denuncia-querela.

Fondato invece l’ultimo motivo perché la multa irrogata all’imputata è ben superiore al massimo edittale previsto per la pena pecuniaria come misura alternativa alla pena della reclusione.