La pronuncia del 19 maggio 2020 n. 9147 della Corte di Cassazione sul bilanciamento tra diritti e opportunità di evocare il diritto all’oblio.
Una pronuncia della Corte di Cassazione torna a trattare un tema attuale ed in continua evoluzione come quello del bilanciamento tra interessi configgenti quali diritto all’oblio e quello di cronaca.
L’ordinanza degli Ermellini prende le mosse dal ricorso presso il massimo organo giurisdizionale a seguito di una sentenza del Tribunale di Pescara che condannava una testata giornalistica online alla rimozione definitiva di un articolo riguardante fatti giudiziari non più di interesse attuale e lesivo del soggetto protagonista dell’articolo.
Il ricorso si basava sulla necessità di specificare la differenza che intercorre tra la cancellazione di un contenuto rispetto alla possibilità di utilizzare metodi alternativi di tutela del soggetto del medesimo articolo in base agli strumenti previsti dal GDPR e dal Codice della Privacy e dunque sulla erronea applicazione della stessa normativa sulla privacy oltre che del codice deontologico giornalistico.
I motivi addotti nel ricorso tenevano inoltre in considerazione gli elementi principali del caso concreto come il lasso di tempo trascorso rispetto l’avvenimento, la sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza della notizia e la disciplina inerente ai dati relativi a procedimenti penali in tema di conservazione delle notizie negli archivi per fini storici, proponendo proprio l’archiviazione della notizia rispetto la definitiva cancellazione.
Con l’Ordinanza n. 9147 del 19 maggio 2020 i Giudici di Piazza Cavour hanno passato in rassegna l’intera evoluzione storica del diritto alla “riservatezza”, analizzando tutte le sue declinazioni fino alla nascita del diritto all’oblio ed evidenziando assonanze e differenze tra l’esigenza di discrezione e quella di non mantenere attuali fatti accaduto in un tempo passato. Tutta l’evoluzione ovviamente va contestualizzata con l’esigenza evolutiva dovuta ai profondi cambiamenti di matrice sociale e tecnologica che hanno attraversato l’Italia dalla prima storica pronuncia in materia risalente alla n. 4487 del 1956 ai giorni d’oggi.
Da tale esegesi la Corte di Cassazione afferma che il diritto all’oblio e quello alla riservatezza sono entrambi corollari del diritto alla persona, pertanto diritti costituzionalmente garantiti secondo l’art. 2 della Costituzione che riconosce piena libertà dell’individuo nell’autodeterminazione e nello svolgimento della personalità come singolo.
Da tale ricostruzione giurisprudenziale si apprezzano, con specifico riferimento agli avvenimenti domestici, i primi passi mossi, a partire dalla libertà dell’individuo che pian piano ha visto allargare le maglie della “riservatezza” sia nei modi che nei soggetti verso i quali era destinata. Successivamente si è riscontrata l’esigenza di differenziare la riservatezza dall’oblio; difatti mentre la prima protegge la diffusione di avvenimenti intimi e personali non necessari di divulgazione al pubblico, il secondo strumento è lo sviluppo dell’esercizio del diritto di cronaca, evitando però la riproposizione dopo lungo tempo di argomenti non più di interesse pubblico probabilmente lesivi del soggetto protagonista.
Gli ultimi episodi normativi di tale vicenda sono l’introduzione del Codice in materia di protezione dei dati personali, l’introduzione del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e la storica sentenza Google Spain che hanno introdotto e regolamentato il cd. “Diritto all’Oblio”.
Tale nuova normazione risponde all’esigenza di evitare la facile emersione di avvenimenti accaduti nel passato e che un soggetto preferirebbe mantenere riservati.
Per gli Ermellini è pacifico che la personalità umana è fluida ed in continuo mutamento, dunque è ritenuto lesivo che un soggetto venga sempre identificato mediante la rievocazione di fatti passati dai quali tale soggetto vuole distaccarsi o per i quali lo stesso non è più accostabile.
La Corte di Cassazione, pertanto, si è posta il problema di verificare le modalità attuative delle garanzie necessarie previste dal diritto, controbilanciando la nuova tutela con quella altresì cruciale del diritto di critica e la conservazione negli archivi giornalistici di tutta la memoria storica delle produzioni editoriali.
Questo lavoro di equilibrio dei Supremi Togati ha individuato nella deindicizzazione il rimedio idoneo a rispondere ad ambo le legittime pretese. Tale attività consiste praticamente nel mantenere gli articoli e le notizie nei motori di ricerca ma rimuovendo il filo conduttore dell’algoritmo che posizionerebbe tale notizia in cima alle richieste; dunque una notizia deindicizzata può essere ritrovata nell’archivio storico di una testata o solo dopo un’accorta e approfondita ricerca che volta al ritrovamento della stessa.
Dunque ad essere oggetto delle censure sarebbe dovuto essere il motore di ricerca che fornisce i risultati a seguito della digitazione dei dati del soggetto da tutelare, il quale dovrebbe rimuovere il collegamento tra la ricerca di risultati e notizia di cronaca, mantenendo inalterato l’archivio digitale del giornale online.
Pertanto, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso cassando la pronuncia del Tribunale di Pescara colpevole di aver individuato nella cancellazione definitiva dell’articolo un metodo erroneo di tutela; pronuncia che peraltro aveva omesso di considerare se il tempo trascorso fosse sufficiente per ritenersi auspicabile l’applicazione del diritto all’oblio e, di conseguenza, non aver considerato la persistenza o meno dell’interesse pubblico alla divulgazione del fatto di cronaca.