Sui Social Network è possibile trovare campagne di qualsiasi tipo di azienda, prodotto e/o professionista; tra questo coacervo di pubblicità vi sono anche pagine che sponsorizzano repliche a basso costo di marchi di orologi famosi, questa condotta è legale e quali aspetti giuridici riverbera?
Guarda l’intervista su Striscia la Notizia:
https://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/vendita-di-orologi-contraffatti-online_64795.shtml
Secondo l’ordinamento italiano chiunque fa uso indebito, o comunque senza autorizzazione, di marchi o segni distintivi, nazionali o esteri protetti dalla legge sulla proprietà industriale è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000 a norma dell’art. 473 e seguenti del codice penale.
Di fatti per rientrare nel novero della contraffazione è sufficiente che il venditore si appropri di marchi e brevetti che siano di altre marche ben note al pubblico e che abbiano una propria valenza distintiva di forma, qualità o semplicemente nell’apposizione del marchio in grado di confondere il pubblico e sviare la clientela sfruttando indebitamente la notorietà del segno distintivo abusivamente fatto proprio. Sul punto recentemente si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, sez. V Penale, che con la sentenza 27323 del 2019 ha ribadito quanto sopra.
La mera presenza della dicitura o avvertimento di “replica” su un prodotto contraffatto esonera l’autore da incappare in ulteriori reati come la truffa, ma la contraffazione avviene già al momento della produzione di repliche con uso improprio di marchi altrui dato che tale norma tutela il pubblico affidamento ed il rispetto delle norme in materia di concorrenza e proprietà industriale.
Per quanto concerne colui che acquista tale la merce è dibattuto se si rischia di incorrere nella contravvenzione per incauto acquisto ex 702 c.p. o meno.
Recente giurisprudenza è orientata per escludere tale fattispecie penale nel caso di falsi grossolani e comunque di merce contraffatta ma, anche nel caso si rimanga fuori dall’illecito penale, certamente però l’acquirente risponde dell’illecito amministrativo previsto dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80, nella versione modificata dalla l. 23 luglio 2009, n. 99 (istituita proprio al fine di combattere il fenomeno della contraffazione) che prevede una sanzione pecuniaria fino a 7.000 €.
Le due fattispecie sono altamente simili sul piano oggettivo ma presentano elementi di differenza sul piano soggettivo dato che il delitto prevede una condotta colposa in merito all’accertamento della provenienza della merce acquistata sospettando che la stessa provenga da reato, mentre l’illecito amministrativo opera de plano su qualsiasi acquisto di merce che violi le norme in materia di marchi, brevetti e proprietà industriale.
Per quello che concerne l’attività promozionale per mezzo social bisogna considerare che al momento l’attività di influencer non dispone di una vera e propria codificazione.
Le autorità stanno muovendo i primi passi di regolamentazione del fenomeno ma al momento vi sono lettere di intenti e di linee guida meramente esemplificatorie verso gli stessi operatori social.
Certo è che, data la portata di pubblico che tali personaggi possono avere, bisogna far si che i prodotti o le pagine da essi sponsorizzate debbano essere ben individuate così come devono essere chiaramente descritte tutte le qualità e le peculiarità della merce sponsorizzata, proprio come regolato in tutte le materie pubblicitarie; in modo tale da non rischiare di incappare nel rischio di porre in essere delle pratiche commerciali considerate ingannevoli, a danno di altri prodotti e della fede dei consumatori, in violazione dell’art. 23 del Codice del Consumo.