Con l’approvazione della legge di conversione (L. n. 157 del 19 dicembre 2019) del Decreto Legge n. 124/2019, recante disposizioni urgenti in materia fiscale, sono state introdotte importanti novità fiscali sancite sia dal testo approvato dal Governo che dai numerosi emendamenti approvati alla Camera.
L’art. 41 bis della Legge di conversione, rubricato “Mutui ipotecari per l’acquisto di beni immobili destinati a prima casa e oggetto di procedura esecutiva“, riconosce il diritto del debitore di rinegoziare il mutuo a migliori condizioni ed anche con l’assistenza di un apposito Fondo.
Più nello specifico, il citato articolo agevola coloro che hanno contratto un mutuo per l’acquisto della prima casa, stabilendo lo stop al pignoramento dell’immobile, in caso di una già avviata procedura esecutiva immobiliare.
Questo sarà possibile tramite una richiesta di rinegoziazione da parte del debitore persona fisica. Infatti la norma si applica solo ai debitori identificati come persone fisiche; sono esclusi, dunque, gli artigiani, coloro muniti di partite IVA o professionisti.
Condizioni di applicabilità:
Innanzitutto l’art. 41 bis fa riferimento solo ed esclusivamente alla prima casa, non ad altri eventuali immobili pignorati o beni diversi. Per “prima casa” deve intendersi quella che costituisce l’abitazione principale di residenza. Di fatto, se si possiede un’unica casa ma non vi si risiede, non è possibile beneficiare della novità fiscale. Peraltro, l’agevolazione decade se l’immobile pignorato cessa di essere casa residenziale o prima casa.
Il debitore deve essere un consumatore, qualificato come tale dall’art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 “Codice del consumo“, ovverosia una «persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta».
Altresì, la norma è applicabile se vi è già in corso una procedura esecutiva immobiliare.
Precisamente, il pignoramento, relativo all’ipoteca che garantisce il mutuo, deve essere stato notificato dalla banca tra il 1° gennaio 2010 ed il 30 giugno 2019.
La banca dovrà, quindi, figurare come unico creditore ossia unico soggetto presente nella procedura esecutiva, in qualità di “creditore procedente”. Invero, se vi sono altri creditori, anche se intervenuti in seguito, si potrà procedere al singolo pagamento dei debiti, così da estromettere gli stessi dalla procedura esecutiva.
Da ricordare che, al momento della formulazione della domanda, la banca deve aver già ricevuto dal debitore almeno il 10% del capitale originariamente finanziato (non può trattarsi di mutui completamente insoluti).
Presentazione della domanda:
La richiesta di rinegoziazione del mutuo va presentata al Giudice dinanzi al quale pende il processo di esecuzione immobiliare. Importante è che l’istanza sia congiunta, cioè sottoscritta dal debitore e dal creditore, che può anche rifiutare.
Una volta presentata la domanda di rinegoziazione del mutuo al giudice, questo dispone la sospensione della procedura d’asta per sei mesi. Nei tre mesi successivi, la banca dovrà svolgere l’istruttoria per determinare se il debitore sia in grado di far fronte al mutuo rinegoziato ovverosia valuterà la sua capacità reddituale.
Si noti bene che il debitore può presentare istanza entro il 31 dicembre 2021, per un importo che non deve eccedere i 250.000 euro.
L’importo offerto dal debitore non potrà essere inferiore del 75% del prezzo di base dell’asta oppure, nel caso in cui questa non sia stata ancora fissata, del valore del bene determinato da una consulenza tecnica d’ufficio.
Se il debito fosse già inferiore rispetto al 75% indicato, l’offerta per la rinegoziazione del mutuo non potrà essere inferiore al totale del debito residuo comprensivo degli interessi. In altri termini, l’offerta dovrà essere pari al debito residuo, che rimane per saldare completamente il capitale e gli interessi maturati.
Con l’accoglimento dell’istanza, il debitore sarà libero dal precedente pignoramento ed otterrà l’esdebitazione, in cambio di un nuovo mutuo, con dilazione fino a 30 anni oppure entro gli 80 anni di età del debitore. Facciamo un esempio. Se il debitore ha 50 anni, può chiedere una dilazione di 30 anni; se invece ha 60 anni, potrà beneficiare di una dilazione massima di 20 anni.
In ogni caso, quest’ultimo dovrà rimborsare integralmente anche le spese liquidate dal giudice in favore del creditore.
Cosa fare in caso di respingimento dell’istanza?
In tal caso, possono intervenire in soccorso del debitore parenti o affini fino al 3° grado, i quali beneficeranno della rinegoziazione alle stesse condizioni.
A tal fine, il mutuo rinegoziato o finanziato verrà erogato a nome del parente o dell’affine, che si vedranno trasferita, in loro favore, la proprietà dell’immobile tramite decreto ex art. 586 C.p.c.
Tuttavia il debitore mantiene il diritto di abitazione per i primi cinque anni, decorrenti dalla data di trasferimento dell’immobile. Trascorsi questi cinque anni, se il debitore riuscirà a rimborsare il parente che gli ha concesso la rinegoziazione, rientrerà in possesso dell’immobile, acquistandone nuovamente la proprietà, e del residuo del mutuo fino alla scadenza, a condizione che la banca liberi il parente o l’affine dall’obbligo di pagamento nei suoi confronti.
Ulteriore garanzia per il debitore è rappresentata dall’accesso al Fondo di garanzia per la prima casa che, per fronteggiare le varie esigenze, è stato dotato di 5 milioni di euro per l’anno 2019. La garanzia c.d. «a prima richiesta» rilasciata dal Fondo potrà coprire fino al 50% dell’importo oggetto di rinegoziazione o della quota capitale del nuovo finanziamento.
Tutte queste novità entreranno in vigore con l’emanazione di un decreto attuativo della legge in commento. L’emanazione da parte del Ministero dell’Economia e finanze (di concerto con quello della Giustizia e delle Infrastrutture e sentita la Banca d’Italia) è prevista entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, e cioè entro il 23 marzo 2020, essendo la legge di conversione del Decreto fiscale stata pubblicata il 24 dicembre scorso.